Editori negazionisti

Soprattutto perché Spotify sta colonizzando rapidamente territori vergini che avrebbero potuto essere facilmente conquistati dalla Radio

Il 2020 è stato un anno d’oro per Spotify. Ma gli editori continuano ad essere negazionisti: non è la Radio.
Eppure i numeri parlano da soli: 345 mln di utenti (+74 mln rispetto al 2019). +24% abbonati premium (totale 155 mln). +29% pubblicità. 7,9 miliardi di euro di fatturato nel 2020 vs 6,8 dell’anno precedente. Dati impressionanti. Soprattutto in epoca di pandemia e se paragonati a quelli radiofonici. Negativi sia per numero di utenti che per andamento della raccolta pubblicitaria.

Spotify non è la Radio

E allora come mai una buona fetta dei nuovi utenti di Spotify è costituita da ex ascoltatori radiofonici? Non è necessario snocciolare indagini sul punto (che pure ci sono, cfr. qui): basta chiedere a chiunque lo utilizzi tra quelli che hanno più di trent’anni. E per Amazon Music è la stessa cosa.

Il negazionismo degli editori radiofonici sta diventando imbarazzante

Soprattutto perché Spotify sta colonizzando rapidamente territori vergini che avrebbero potuto essere facilmente conquistati dalla Radio.

Podcast: questo sconosciuto per i radiofonici

Come l’area podcasting: a dicembre 2020 i podcast di Spotify erano 2,2 mln. Cioè 300.000 in più rispetto al trimestre precedente. E l’area podcast è quella che ha essenzialmente trascinato la raccolta pubblicitaria. Che nel solo ultimo trimestre 2020 è stata pari a 281 milioni di euro (+29%).

Erosione costante

Certo, poca cosa rispetto al ricavato complessivo, ma comunque spia di una costante erosione. Anche perché i centri media ormai inseriscono la pianificazione pubblicitaria su Spotify nell’area Radio.

La radio non comprende l’importanza dell’on-demand a pagamento

A differenza della televisione (dove praticamente tutti i player hanno presidiato lo streaming video on demand) la Radio non ha ancora compreso l’importanza dell’audio a pagamento, puntando tutto sull’anacronistico totally free.

Gratis non è più un valore aggiunto

Eppure, a dispetto di ogni considerazione sullo stato di crisi economica mondiale, gli utenti di Spotify mostrano di gradire le soluzioni pay. Magari a costi contenuti e con offerte sempre più flessibili, come Spotify Premium Mini con funzioni più limitate, destinato a mercati più poveri (come India e Indonesia).

HQ

E mostrano di gradire anche la musica HQ, mentre molti editori radio si ostinano a proporre streaming a basso birate. Come se il consumo dati con le attuali tariffe flat e giga inutilizzati fosse ancora un deterrente.

Fonte: newslinet.com

Torna in alto